SANTA VERONICA E LA DOTTRINA DELL’ESPIAZIONE
Ecco un altro punto attualissimo: La società attuale, edonistica e del benessere, non può concepire facilmente un tale insegnamento, perché contraddice tutti i suoi principi di piacere, di corsa sfrenata dietro tutto quello che i sensi e i desideri appetiscono, tutto quello che “piace”. Ora, questa dottrina dell’espiazione insegna non solo l’accettazione delle sofferenze e delle difficoltà che la vita ci riserve, ma anche la ricerca volontaria della rinuncia, della privazione e della mortificazione.
Dove trovare i fondamenti di una tale dottrina?
Prima di ricorrere alla Sacra Scrittura e alla Teologia, non possiamo, specialmente dopo il capitolo precedente sull’inferno, non menzionare la famosa parola rivolta dalla Madre di Dio a tutta l’umanità, tramite i tre fanciulli Veggenti (dei quali due sono già dichiarati beati), nelle apparizioni di Fatima – approvate dall ‘autorità ecclesiastica – che sintetizza nel modo più semplice e mirabilmente completo questa dottrina: «Tante anime vanno all’inferno perché non c’è chi prega e fa sacrifici per loro».
In questa parola è condensata tutta la dottrina dell ‘espiazione, che è famosa soprattutto negli scritti di san Paolo Apostolo, – che la Santa chiamava «mio san Paolo », come già abbiamo detto -, specialmente nella lettera ai Colossesi l, 24: «Ora io mi rallegro nelle sofferenze che patisco per voi, e completo nella mia carne quel che manca alle sofferenze di Cristo, a pro del corpo suo che è la Chiesa»; ma anche nella prima lettera di san Pietro Apostolo 2, 21: «Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio perché ne seguiate le orme».
E quanto bene ha saputo seguirle santa Veronica!
La vita e gli scritti della Santa sono tutti impregnati del profumo della dottrina dell’espiazione, tanto che il cardinal Palazzini, dopo aver detto che la missione di Santa Veronica deve ancora iniziare nella Chiesa, aggiunge: «…è necessario fermarci all’aspetto dell’espiazione, che ha così grande posto nel Diario della Santa, e che ci dà il diritto di considerarla come la maestra per eccellenza della dottrina dell’espiazione».
Già a Mercatello, da bambina, Gesù le aveva detto: «Tu sei Mia. Io sono tuo. Tu sarai la Mia Sposa, la Mia associata nell’opera della redenzione».
E questo invito sarà sempre più approfondito; Gesù le spiegherà: «L’uomo, creato dall’Amore e per Amore, ha offeso l’Amore con l’orgoglio dello spirito e con la ribellione della carne. lo ho chiuso la ferita fatta all’Amore creatore, e l’ho chiusa per mezzo del supremo dolore. Chi vorrà come me, dietro il mio esempio, soddisfare l’Amore creatore? Chi vorrà perfezionare in sé ciò che manca alla mia passione redentrice? Mi ami tu?». E Veronica risponderà: «Eccomi, Signore; io voglio la Vostra Croce. Voglio in me tutti i tormenti che furono in Voi; con Voi e dietro a Voi, voglio soddisfare l’Amore creatore; di più, voglio che tutte le spade che trapassarono il Cuore di Maria corredentrice, trapassino il mio cuore.
Voi mi chiedete: Mi ami tu? Oh! Se Vi amo, o Signore! Infatti Vi dico: crocifiggete Veronica». E Gesù continuerà: «Mediante le mie ferite ho chiuso la ferita fatta all’amore creatore.
Chi vorrà lenire le ferite fatte a me, Amore redentore? ». E Veronica vede Gesù tutto sanguinante: sangue negli occhi, nella bocca, su tutto il corpo. «Mio Dio, grida, chi Vi ha ridotto in codesto stato?». Le risponde: «I peccatori, gli eretici; soprattutto coloro che mi negano l’attributo dell’Amore».
Allora lei si fa avanti con mano fremente, singhiozzando: «Sarò io la vostra Veronica, la riparatrice e la consolatrice. Io do il mio sangue per risparmiare il vostro… io mi offro, perché i peccatori mi inchiodino al vostro posto… io sarò il vostro apostolo. Vi amo».
Molto importante è questo legame tra dolore e amore in Santa Veronica. Arriverà perfino a dire: «Chi ama Gesù e non ama soffrire con lui, è o ingannato o bugiardo».
Gesù la illumina sul valore della sofferenza; allora ella compose un cantico in onore della sofferenza: «Un’oncia di sofferenze val più di tutte le ricchezze e di tutte le gioie del mondo. Se avessi mille lingue non potrei esprimere il bene che porta all’anima la sofferenza… la sofferenza è la chiave dell’amore… chi cammina nella vera sofferenza, non ha altro desiderio che di servire Dio con puro amore, e il puro amore aumenta man mano che s’accresce la vera sofferenza… croci! Io voglio delle croci! La mia volontà è di non vivere senza pena; senza pene io non posso vivere…. O bona crux, venite a me! O cara croce, pigliatemi, crocifìggetemi in voi! O tesoro immenso, o letto di amore, fate che mi riposi fra le vostre braccia! O croce cara, venite a me! Voi sola brama, voi solo piglio per mio appoggio e sostegno».
Perché questa vita?
Percorrendo il Diario risulta chiaro: per coloro che peccano, per quelli che si esibiscono impudentemente, per quelli che godono, per quelli che non pregano, per quelli che non amano; per tutti costoro si espia, si soffre, si prega, si ama. Così ella stessa descrive le sue notti: «La notte il più passavo in pianto… col pensare alle offese che si facevano a Dio e anche pensando alla SS. Passione mi muovevo a lagrime… Sempre più mi sentivo ansiosa di patire per la conversione delle anime». Dirà anche: «…Ho capito che, per ottenere le grazie, non vi è mezzo più efficace che i patimenti».
Si sente, quindi, chiamata ad offrire allo Sposo un complemento di pene volontarie, per espiare per sé stessa prima – come amava ripetere – e per i peccatori. Scriverà: «Avevo desiderio di amare e cercare il patire, di abbracciare ciò a cui non sentivo genio né gusto e di dimostrare tutto l’opposto, che mi piacesse, tutto quello cui sentivo ripugnanza, tanto nel mangiare, bere, vestire, e operare, andare sempre contro corrente. Ogni volta che mi mettevo all’orazione, sentivo stabilirmi in questo».
Perciò troveremo nella sua vita una vastissima gamma di preghiere e di sacrifici, più o meno imitabili:
Le «Vie Crucis» con una pesante croce sulla spalla, o un tronco d’albero, o una pesantissima panca; in ginocchio, sui sassi, sulla neve, in processioni notturne, talvolta anche comunitarie, salendo le scale in ginocchio, sanguinando…
Le lunghe veglie, piene di mortificazioni, penitenze, dormendo poco e su tavole di legno, o sarmenti di vite, cucendo delle spine nell’abito, pensando al Crocifisso si faceva perfino legare su una croce per non dormire.
Digiuni, astinenze, flagelli e catene, cilici, per indebolire il corpo, e per espiare i tanti peccati commessi dagli uomini in questo ambito…
Inventa tanti modi di espiazione: Per punire la lingua di qualche parola vana o contro carità, le poggiava sopra una pesante pietra per un periodo di tempo… Si imprigionava in posizioni scomodissime per espiare la libertà abusata di altri…
Sarebbe troppo lungo elencare altri metodi e invenzioni, ben più austeri… invitiamo i lettori a scoprirli nella lettura di libri più esaurienti. Ma leggiamo a questo proposito qualche passo dalla Santa:
– «Mi sentii accendere il cuore di brama… andai a chiamare una sorella, e la menai all’orto; e nella Cappella di San Francesco, recitammo tutto il Rosario per la conversione dei peccatori. Ella stette coi bracci aperti, ed io mi battei colla catena. E poi, facemmo altre devozioni, pure per quest’effetto…»;
– «Terminata la Messa, io bruciavo come una fornace. Cantavo l’Ufficio delle Lodi con voce più forte che mai. Dopo invitai alcune suore a seguirmi in giardino. Nove di loro mi seguirono… Dissi alle suore: Andiamo e chiamiamo i peccatori. Con questa intenzione recitammo le Litanie della Madonna e l’Ave Maris Stella… Arrivate alla Cappella di San Francesco, ci disciplinammo; poi ritornammo in chiesa cantando il Te Deum. Là nuove discipline con trentatré invocazione al Salvatore del mondo… Poi chiesi perdono dei miei scandali, e le compagne mi imitarono piangendo. Esse tornarono nelle loro celle, ma io… tornai in giardino e vi restai a lungo. La neve era alta… La mia voce non bastava per chiamare le anime e vi aggiunsi la voce delle catene, delle corde, delle spine; ad ogni colpo invitavo al pentimento i peccatori, gli eretici e i turchi…».
Quanti importanti insegnamenti ed esempi! Lei così frequentemente rapita nel soprannaturale, ricorrere a queste preghiere, processioni, penitenze così semplici, così comuni e a portata di tutti. Il suo spirito di riparazione ci è oggi veramente necessario!
Una riparazione che oltrepassa la sua persona per dilatarsi in una riparazione comunitaria, come abbiamo visto. E non basta così, ma quante volte vi indurrà anche i superiori. Ricordiamo, ad esempio, quando Dio le fece vedere il pericolo che minacciava la sua stessa città per il moltiplicarsi delle discordie e dei peccati, ed essa indusse il vescovo mons. Eustachi a organizzare una processione di penitenza… e la giustizia di Dio fu placata.
Quanto sembra lontano oggi questo linguaggio, pur così semplice e veritiero dei Santi! Quanto ne abbiamo bisogno! Dove sono oggi le processioni di penitenza? Abbiamo forse dimenticato i risultati del voto fatto da Papa Pio XII alla Madonna del Divino Amore se avesse salvato Roma dai bombardamenti? E l’ha salvata!
E la preghiera del Santo Rosario indotta da san Pio V per la battaglia di Lepanto? La Madonna non l’ha deluso! Sarà che ci vergogniamo di essere criticati da un mondo razionalista, autosufficiente e arrogante?
Bisogna rispettare la sapienza dei Santi e usufruirne!
Se san Giovanni Evangelista insegna che non possiamo amare Dio che non vediamo, se non amiamo il prossimo che vediamo (lGv 4, 20-21), come potremmo essere grati al Signore per la Redenzione, se non siamo grati prima ai Santi, membri del Suo Corpo Mistico, che hanno patito anche loro così tanto per la nostra salvezza?
Che hanno completato nella loro carne quello che mancava delle Sofferenze di Cristo, a pro del Corpo Suo che è la Chiesa: che siamo noi. Diceva san Tommaso: «Niente impedisce che tra Dio e gli uomini ci siano dei mediatori secondari, in quanto cooperanti all’unione degli uomini con Dio».
Grazie, dunque, Santa Veronica! Grazie a tutti voi santi! E Grazie soprattutto alla Gran Madre di Dio, e Madre nostra, Maria Santissima “Corredentrice” per eccellenza del mondo.