ILLUMINAZIONE (1697-1717)
La ricezione delle stimmate, riferita nei particolari dal Diario, segna, in Veronica Giuliani, il culmine di un processo di configurazione appassionata e sensibile con Cristo Crocifisso e, nello stesso tempo il punto di partenza di un secondo processo, in certo modo all’inverso, di interiorizzazione, o meglio, di “intrinsecazione” – per adoperare il suo stesso vocabolo -, aiutata sicuramente in questo dai confessori.
A questo cambiamento contribuirono efficacemente le umiliazioni che Dio permise dal momento in cui il Sant’Ufficio prese su di sé il caso (dopo le stimmate). Gli dirà il Signore: «Preparati a grande patire» (agosto 1697). Si vide sottomessa a esami e prove moleste. Mesi più tardi era deposta dalla carica di maestra delle novizie. Nel mese di luglio 1699 venne privata della voce attiva e passiva e rinchiusa nell’infermeria per 50 giorni in totale incomunicabilità.
Le misure del Sant’Ufficio diventarono più insistenti nell’anno 1700, e di nuovo nel 1703. Quello che ha dovuto sopportare esteriormente e interiormente è quasi inconcepibile. Ma tutto si chiarificherà e quieterà, piano piano, grazie alla sua grande obbedienza e umiltà. Fu proprio la serenità nell’accettare interrogatori e controlli molestissimi a convincere tutti che Dio operava in lei, anche se in maniera sconcertante.
Non fu difficile dimostrare la rettitudine e buona fede di suor Veronica, ma restava il dubbio se tutto fosse opera miracolosa di Dio oppure imbroglio e arte del diavolo. Il segno più sicuro che le diede la garanzia che erano cose di Dio fu invariabilmente la luce della propria cognizione e il dolore dei propri peccati che diventava sempre più profondo in lei dopo ogni fenomeno mistico.
Ogni cosa si andava intrinsecando progressivamente in virtù di una chiamata insistente che Veronica sentiva nel suo interno. Anzitutto la sua maniera di contemplare e di condividere la Passione di Cristo, diretta ormai più alle pene interne che non ai dolori fisici del Redentore.
Poi il suo modo di patire, senza cedere in intensità: adesso il “nuovo patire” era un patire con sentimento, più intimo, più nascosto, meno accompagnato da soddisfazione, anche spirituale.
E la brama di macerazione si interiorizzava fino a scomparire totalmente alcuni anni dopo le stimmate. Rimarrà qualche nostalgia che verrà dominata senza difficoltà.
La santa scriverà, nel mese di maggio 1699: «Volevo partire di cella per qualche penitenza, ma fui ispirata di non uscire».
Diventando badessa, ebbe perfino cura che le suore giovani sapessero «moderare il loro desiderio di penitenza».
La sua penitenza d’ora in poi consisterà nella negazione vigilante della propria volontà, dell’amore di se stessa, di ogni soddisfazione personale, e nella donazione generosa alle consorelle della comunità nelle opere di carità.
Mentre prima duplicava il rigore davanti alle esigenze dell’umanità, ci sorprende adesso, qualche volta con riflessioni come questa: «Sentivo l’umanità molto abbattuta e bisognosa di riposo, per poter fare le faccende dell’ufficio».
Docile all’orientamento ascetico ricevuto dai confessori, sottomise a revisione tutto l’edificio spirituale, iniziando dalla vita sacramentale e dalla preghiera, per continuare con le virtù fondamentali. Nel Diario degli anni 1699-1700 la vediamo ripetere espressioni come queste: «Non ho saputo mai fare orazione… », «Mi trovo spoglia di tutte le virtù… non c’è in me ombra di virtù… mai ho praticato la vera carità… il vero patire non l’ho praticato mai… non più amore in parole, ma in opere e fatti… voglio mutare vita». La luce sui propri difetti è continua, e incalzante è l’esigenza di rinnovamento radicale.
In questa purificazione vedremo l’importanza crescente che attribuisce alla confessione sacramentale; la vedremo confessarsi anche più di una volta in certi giorni.
La vedremo praticare ritiri straordinari, di dieci giorni, con un programma totalmente ascetico: febbraio 1700, ogni giorno su una virtù; maggio 1701,sul comportamento generale alla luce della Volontà di Dio. Sentirà tante volte il richiamo interno di leggere nel libro di se stessa.
Alla scalata di doni e di segni del dominio progressivo del Sommo Bene corrisponde il processo di approfondimento nella conoscenza di se stessa e di purificazione passiva che lascia il proprio io umiliato, ridotto al nulla.
In realtà non è altro che una purificazione di tutto quello che ancora può ostacolare la via dell’Unione con Dio. Aveva sempre avuto esperienze di Unione, mai però aveva raggiunto, come alla fine di questa terza tappa, il «nuotare in Dio», l’«essere in Dio». Prima si sentiva «rapita», «attratta», «inondata da comunicazioni indefinibili…»; adesso il Sommo Bene dà Se Stesso a lei, la identifica con Sé, le comunica le Sue stesse proprietà, la divinizza. Le fa provare in anticipo l’unione eterna dei beati nella gloria del cielo.
Valeva la pena un lavaggio così profondo dello spirito. La maggior parte delle grandi esperienze intime della santa hanno come campo proprio il cuore: incendi, bussi, impeti… ; ferite, dardi, chiodi; incastro degli strumenti della Passione, dei dolori di Maria SS.ma, delle lettere che richiamano certe virtù.
Molto significativo è il fenomeno della sostituzione del «cuore ferito» (il suo) per il «cuore amoroso» (del Signore), gioco mistico che riempirà molte volte le pagine più vivaci del Diario… impossibile alla ragione… ci vuole la fede: certe volte il suo cuore le è tolto dal petto per essere purificato! Realmente tolto!…
Altre volte ha due cuori nel petto: il suo e quello di Gesù; il primo batte normalmente, il secondo gli solleva le costole, lo sentono le sorelle da lontano, la sentono bruciare sotto l’effetto del fuoco d’amore di questo secondo Divino Cuore: per refrigerio, gli immergono le mani nell’acqua: incredibile! L’acqua inizia subito a bollire.
Siamo ancora nella sfera della logica, o non dovremmo invece inginocchiarci davanti al Divino che irrompe, ringraziando Dio e santa Veronica di queste testimonianze che ci aiutano a rafforzare la nostra fede e riscoprire i limiti della ragione umana in una cultura che sta diventando sempre più razionalista?
Sì, la ragione è un dono di Dio, ma a servizio della fede; quando invece diventa scettica davanti al soprannaturale e vuole, nei suoi meschini ragionamenti umani, limitare il modo di operare di Dio nella sfera della logica, diventa razionalismo, molto periocoloso, che imprigiona la fede e indebolisce la potenza della nostra preghiera.
Ma la modalità più saliente è il nuovo posto che occupa Maria Santissima, non solo nella pietà di Veronica, ma in tutte le sue vivenze mistiche, e questo in forma progressiva, in maniera quasi da sostituire Gesù Cristo, sebbene sempre nella sua qualità di Madre che la conduce efficacemente all’amore e alla fedeltà a suo Figlio e, sempre all’adorazione e contemplazione della Santissima Trinità.
Questa presenza centrale di Maria SS.ma ha inizio nell’anno 1700, proprio nei mesi duri del grande abbandono e abbattimento, quando tutto intorno alla stimmatizzata erano sospetti e riserve, ed essa dubitava di se stessa. La «Cara Mamma» offriva alla sua figlia tribolata, non solo la soavità del suo grembo accogliente, ma la garanzia di una guida Sicura, di un magistero luminoso.
Il 29 aprile 1700 si vede accolta espressamente da Maria SS.ma come discepola. Dal 24 dicembre 1702 riceve un nuovo nome: Veronica di Gesù e di Maria. Nel 1703, entrando nuovamente come maestra delle novizie, inizia il suo nuovo noviziato come «novizia di Maria»; nel luglio 1705 i cuori di Gesù, di Maria e di Veronica formano un cuore solo. Il 21 novembre 1708 Veronica sottoscrive una solenne protesta di donazione a Maria come sua serva. Nel 1711,la «fedeltà» che prima la legava al Divino Sposo prende come termine immediato la Madonna… Finalmente nel 1715 le grazie di unione mistica sono sperimentate attraverso la compenetrazione con l’anima di Maria. Con tutto ciò, troviamo nel Diario che il Signore Gesù la rimproverò una volta per la sua poca devozione a Maria!
È possibile? Ritorneremo sopra questo argomento più avanti!
In conclusione di questo capitolo, non si può tralasciare l’importanza che acquista il purgatorio in questo periodo, nella contemplazione e nella intercessione espiatrice della santa, fino a prendere quasi il primato sullo zelo precedente per la conversione dei peccatori. Si sente chiamata sempre più – e anche obbligata dal confessore – a scontare in se stessa le pene purgative delle anime di defunti concreti, che le vengono raccomandate, accettando il purgatorio in vita. È una nuova modalità del patire, ed è anche un nuovo modo di amare.
Per eccitarla alla salvezza dei peccatori, Dio le aveva mostrato il giudizio e l’inferno; per eccitarla alla liberazione delle anime, ora le mostra il purgatorio. Lo vede, e ci va, quasi ogni notte, come lei stessa attesta: «Questa notte l’ho passata, al solito, in purgatorio, fra fuoco, fra ghiacci, fra pene, fra tormenti, in abbandono e senza sussidio alcuno. Sia Benedetta la volontà di Dio…».
Sentiamola raccontarne qualcosa, non dimenticando però che nel purgatorio ci sono anche le consolazioni, e sono reali come le pene:
«Le pene del purgatorio sono così atroci che nessuna intelligenza umana potrà comprenderle. Il fuoco è così ardente, così penetrante, che nello spazio di un lampo distruggerebbe il mondo fondendolo come cera. Le anime sono come incorporate nel fuoco… non c’è requie: non è finito un supplizio che subito ne principia un altro, più duro del primo. Si muore di sofferenza; si rinasce per soffrire ancora.
«Che sono i tormenti dei martiri? nulla, nulla a confronto… nell’ipotesi che un’anima potesse ritornare sulla terra, affronterebbe tutti i martìri pur di risparmiarsi il purgatorio… potessi correre il mondo e gridare a tutti: Penitenza! Penitenza! Non peccati ma virtù e sacrifici! Evitate il fuoco del purgatorio… ho parlato e non ho detto niente… i dolori del corpo sono un nulla a confronto di quelli dell’anima… ogni minuto è un’eternità!»,
«Non finisce una pena che non ne venga un’altra superiore… Io credo che le cataste di flagelli adoperate per martirizzare i martiri siano un nulla, un niente, al pari della minima pena del purgatorio… »,
In un altro luogo, la Santa ci fa capire che non è Dio che manda severamente le anime al purgatorio, ma l’anima stessa, vedendo chiaramente nel giudizio particolare la bontà infinita di Dio e le offese recateGli dai nostri peccati, scappa volentieri nel purgatorio, pronta a tutto e desiderosa di purificarsi pur di poter riavvicinare un Dio così buono, perché in cielo non può entrare nulla di impuro.
Veronica si esibisce volentieri a patire per le anime, al posto di loro: «Salite al cielo; resto io a soddisfare per voi»; le sarà consentito. Le dirà il cielo: Tu sei l’aiuto delle anime del purgatorio.
Le anime di notte verranno a bussare nella sua camera: «La mano del Signore mi ha toccato; pietà di me» (Cb 19, 21). I confessori abuseranno nel farla purgare per tante anime di parenti, amici, e altri: tra l’altro, purgherà per suo padre Francesco Giuliani, per il Sommo Pontefice Clemente XI, per tanti padri suoi confessori, per tante suore che le erano ostili, come suor Angelica l’incorreggibile sua avversaria.
Troppo lungo sarebbe inserire questi meravigliosi racconti, sparsi frequentemente nel Diario.
Ricorreva alla mediazione della Vergine, Colei che ha il potere di liberarle: «Io sono quella – disse infatti Maria SS.ma a Veronica a proposito delle anime purganti – che le faccio scarcerare».
Pativa alloro posto e queste anime uscivano bianche, luminose e volavano su verso il cielo, mentre lei, pur vivendo sulla terra tra le suore, soffriva nel purgatorio. Le consorelle la vedevano di un pallore mortale, vacillante, sfinita: «Oh! Avrei voluto gridare tanto da agghiacciare il mondo dallo spavento».